Questa fonte di energia pulita è “una palla di neve pronta a rotolare giù dalla montagna”. Grazie anche alla discesa dei costi delle rinnovabili, che ne rendono la produzione più competitiva.
BofA: Investire oggi nell’idrogeno? Come investire in smartphone nel 2007
2 febbraio 2021
Gaia Giorgio Fedi – Focus Risparmio
La rivoluzione dell’idrogeno verde può essere il vero motore per il raggiungimento degli obiettivi globali di decarbonizzazione, con impatti trasversali in una moltitudine di settori: è quanto sostiene Camilla Palladino, Executive Vice President Corporate Strategy & Investor Relations di Snam, indicando che a sostenere l’ascesa di questa fonte energetica non è soltanto il contesto politico favorevole, ma anche la discesa dei costi delle rinnovabili.
“L’anno scorso i prezzi delle aste per le energie rinnovabili si sono attestati su livelli bassissimi, e la disponibilità di energia rinnovabile a basso costo spiana la strada alla produzione sostenibile di idrogeno verde”, dice la manager.
Qual è il contesto in cui si è sviluppato il tema dell’idrogeno?
L’interesse intorno all’idrogeno nasce dal fatto che i Paesi che rappresentano il 65% delle emissioni mondiali di CO2 si sono posti l’obiettivo net zero, cioè di raggiungere la neutralità carbonica. Ciò richiede un ripensamento del sistema energetico. Fino a poco tempo fa l’attenzione era concentrata unicamente sulla promozione delle fonti di energia rinnovabili – solare, eolico, idrico – e si ragionava in primo luogo su come arrivare a rendere rinnovabile l’energia elettrica, e poi su come incrementare l’utilizzo dell’elettricità. Questo approccio, che rappresenta ancora la strada maestra, incontra però alcuni limiti, per esempio nell’applicazione a mezzi di trasporto pesanti, aerei, industria, cioè tutti quei campi nei quali l’elettrificazione non è al momento percorribile o efficiente. Si è giunti dunque alla conclusione che per perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione occorra anche utilizzare una molecola a zero emissioni di CO2.
Al contempo, la disponibilità di energia rinnovabile a basso costo spiana la strada alla produzione sostenibile di idrogeno verde.
E quali sono adesso le prospettive, anche in termini di competitività, dell’idrogeno verde?
L’idrogeno verde è prodotto interamente da energia rinnovabile, e per renderlo competitivo è necessario abbattere i costi di due fattori: l’energia elettrica rinnovabile e gli elettrolizzatori.
Il motivo per il quale gli elettrolizzatori sono tradizionalmente piuttosto cari consiste nel fatto che al momento se ne producono ancora pochi. Abbiamo quindi identificato una soglia, quella dei 50 gigawatt di elettrolisi, che possa portare l’idrogeno verde potrebbe arrivare a costare 2 dollari al chilo. A questo prezzo si spalancherebbe un mercato. Un recente report di Bank of America osserva che investire oggi nell’idrogeno è come sarebbe stato investire negli smartphone nel 2007.
Il mercato infatti è ancora piccolo – l’idrogeno verde viene al momento utilizzato in progetti pilota di piccola taglia – ma c’è una chiara visibilità sul prossimo futuro.
Quanto costa adesso l’idrogeno verde? E a quale livello sarebbe competitivo?
Attualmente il prezzo di produzione in media si attesta intorno ai 5 dollari, e stimiamo che per diventare competitivo debba arrivare a un livello tra 2 e 3 dollari. A 3 dollari sarebbe già competitivo per l’utilizzo sui mezzi di trasporto pesanti, a partire dai treni, e a 2 dollari anche nell’industria, che già utilizza il cosiddetto “idrogeno grigio” con emissioni di CO2. Sarebbe quindi un’apertura di mercato immediata, perché molti processi industriali sono già a idrogeno, cambierebbe solo la fonte di approvvigionamento: da “grigio” a “verde”, cioè a zero emissioni.
Quali sono i vari tipi di idrogeno?
C’è innanzitutto quello “grigio”, che viene prodotto a partire dal gas naturale tramite un processo di “steam reforming”. L’idrogeno “blu” è invece quello che, alla fine di questo processo, prevede anche la cattura e lo stoccaggio della CO2. È possibile produrre dal metano anche il cosiddetto “idrogeno turchese”, creando carbonio solido con un processo chiamato pirolisi. L’idrogeno “verde” viene prodotto a partire dall’acqua con un processo di elettrolisi per il quale si usa l’elettricità rinnovabile. Infine, quello “rosa” si ricava con elettricità da fonti nucleari.
Ci sono dei problemi in tema di trasporto e stoccaggio?
Uno dei principali punti a favore dell’idrogeno consiste nel fatto che può essere trasportato con le stesse infrastrutture usate per il gas. Noi in Snam abbiamo avviato due progetti pilota a Contursi Terme, portando una miscela di idrogeno fino al 10% e gas naturale a due clienti industriali. Ma anche pensando in prospettiva al trasporto di idrogeno puro, le specifiche richieste per gli idrogenodotti non si discostano molto da quelle dei gasdotti. I nostri studi hanno rilevato che circa il 70% dei gasdotti che abbiamo già in esercizio sono realizzati con materiali compatibili con il trasporto di idrogeno puro. Questo è un aspetto particolarmente incoraggiante, perché ci dà molta flessibilità.
L’idrogeno presenta anche il vantaggio di contribuire a risolve il problema dell’intermittenza delle fonti rinnovabili: l’energia prodotta da rinnovabili, in particolare dal solare, è più abbondante in estate, e non sono ancora emerse soluzioni valide per stoccarlo in modo stagionale per periodi prolungati. Convertendo l’energia elettrica in idrogeno, che è una molecola e può quindi essere stoccato, è possibile farlo. Questo aspetto rende l’idrogeno interessante anche in funzione della decarbonizzazione degli usi energetici nei periodi invernali, quando si consuma più energia.
Quali sono i settori che potranno ottenere maggiori benefici dall’utilizzo di idrogeno verde?
L’impiego dell’idrogeno è auspicabile anzitutto in quei settori in cui non c’è alternativa elettrica, e occorre trovare necessariamente un’alternativa sostenibile: per esempio, come già accennato, mezzi di trasporto pesanti come tir e camion, e gli aerei. Il secondo settore di particolare interesse è l’industria, sia in quei processi che utilizzano l’idrogeno come feedstock (per esempio la produzione di ammoniaca e la raffinazione), sia in quelli per i quali servono temperature molto alte: pensiamo ad esempio all’acciaio o alla produzione del vetro. In ordine di tempo, l’ultimo campo nel quale l’idrogeno diventerà competitivo, secondo i nostri approfondimenti, è quello del riscaldamento.
Ma c’è un settore nel quale l’idrogeno è già competitivo: è quello dei treni, in cui può essere impiegato per decarbonizzare le tratte non elettrificabili. In questo campo, l’idrogeno è già più conveniente del diesel. Nel proprio piano strategico al 2024, Snam ha in programma investimenti per 150 milioni in progetti specifici sull’idrogeno, a partire proprio dalla conversione di tratte ferroviarie non elettrificate in Italia, in collaborazione con FS e Alstom.