La Redazione, sulla base del comunicato Eni
In merito alle numerose informazioni errate e fuorvianti riportate in questi giorni da alcuni organi di informazione in relazione al processo di cattura, utilizzo e stoccaggio della CO2 (CCUS), e in particolare sul progetto di cattura e stoccaggio della CO2 di Eni a Ravenna (CCS), la società Eni ha emesso un comunicato in quanto tiene a ribadire alcuni punti oggettivi e fondamentali.
- Il progetto è in grado, da subito, di contribuire ad abbattere significativamente le emissioni del perimetro Eni, come per esempio la produzione di energia elettrica da centrali a gas, e quelle di altri settori industriali con emissioni tecnologicamente difficili da ridurre (cosiddetti hard to abate, come siderurgia, chimica, cementifici, industria della carta e del vetro, eccetera), per i quali a oggi, e nel breve e medio termine, non esistono soluzioni efficaci ed efficienti. Questi settori concorrono in maniera significativa alle emissioni complessive in atmosfera: in particolare in Italia, nel 2019, le emissioni di CO2 dei settori hard to abate sono state pari a circa 67 milioni di tonnellate su un complessivo nazionale di 340 milioni, ovvero il 20% del totale ed il 42% del solo settore industriale, responsabile dell’emissione di 158 milioni di tonnellate di CO2 (dato ISPRA 2021). Il progetto Eni di Ravenna prevede di estendere le attività di stoccaggio a supporto dell’industria del nostro paese con una capacità iniziale di riduzione di Co2 pari a 4 milioni di tonnellate all’anno di anidride carbonica, fornendo in questo modo uno dei più importanti contributi alle riduzioni di emissioni che l’Italia può attuare già a partire dal 2026. Occorre intervenire immediatamente per contrastare le emissioni dei settori hard to abate per evitare di rilasciare in atmosfera quantitativi ingenti di CO2 che comprometterebbero il raggiungimento degli obiettivi di lotta al cambiamento climatico fissati nella Cop21 di Parigi. Il progetto di Ravenna ha una valenza esclusivamente di natura ambientale.
- Il processo di cattura e stoccaggio della CO2 è sicuro e maturo dal punto di vista tecnico, e basato su tecnologie consolidate: esso infatti si basa sull’esperienza acquisita con l’attività di stoccaggio del gas naturale a partire dal 1915 (in Italia dai primi anni ’60), e la cui applicabilità è dimostrata da impianti in attività da decenni. La CO2 è un gas intrinsecamente sicuro, non è infiammabile, non è esplosiva né velenosa. Nell’ambito delle attività legate a progetti di cattura e stoccaggio realizzati non si è mai verificata, nel corso dei decenni passati, alcuna perdita dai siti operativi, in analogia con il settore dello stoccaggio di gas naturale. Basti pensare all’impianto di Sleipner in Norvegia di cui Eni è partner, che dal 1996 ha stoccato circa 16 milioni tonnellate di anidride carbonica in completa sicurezza. Nel caso specifico dei giacimenti esauriti, l’esistenza del giacimento stesso è la prova che la formazione geologica è in grado di accogliere per un tempo indefinito un certo volume di gas in pressione senza rischio di fuoriuscite. La realizzazione del progetto, inoltre, avverrà senza l’occupazione di nuovo suolo grazie alla possibilità di riutilizzare una parte delle infrastrutture non più produttive nella zona, riducendo anche i costi e i tempi di realizzazione.
- Oltre a fornire un importante contributo per contrastare le emissioni climalteranti delle industrie hard to abate, il progetto Eni di Ravenna potrà favorire la creazione di una filiera nazionale ad alto contenuto tecnologico nel settore della decarbonizzazione in forte espansione nei prossimi decenni in Europa e nel mondo. Il progetto permetterà di garantire la competitività del sistema Italia e di promuovere una filiera in grado di rilanciare l’economia e l’occupazione con la creazione di nuovi posti di lavoro, diretti ed indiretti, oltre che valorizzare le competenze e capacità realizzative presenti nel nostro Paese, riconosciute e apprezzate in tutto il Mondo.
- L’ Europa si pone come protagonista nell’applicazione del processo CCS su larga scala ed è il continente che al giorno d’oggi presenta il maggior numero di nuovi progetti di stoccaggio. Il supporto allo sviluppo delle tecnologie di CCS è ritenuto imprescindibile da molti Paesi, sia europei che extra-europei, per creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Leader da questo punto di vista sono Norvegia, Olanda e Gran Bretagna, che supportano attivamente lo sviluppo di progetti sul loro territorio. In UK la CCS ha un ruolo determinante nel piano in 10 punti varato dal per la “Rivoluzione Industriale Verde”, con ben quattro grandi progetti sostenuti dal Governo. Un altro esempio particolarmente significativo è quello dell’Olanda, che su base di gara ha deciso di sostenere in ugual misura sia il fotovoltaico sia la CCS, confermandone la valenza per il processo di decarbonizzazione e l’efficacia in termini di competitività. Anche la Germania ha annunciato un piano di supporto alla CCUS. La stessa UNECE a marzo 2021 invita ad accelerare l’implementazione delle CCUS considerata cruciale per raggiungere gli obiettivi dall’Accordo di Parigi e dall’Agenda 2030 (Source: «UNECE – Technology Brief: Carbon Capture, Use and Storage (CCUS)»).
- La realizzazione del progetto CCS andrà avanti in parallelo con le attività di decommissioning delle strutture offshore non più produttive. Il progetto CCS, inoltre, non andrà a impattare sul programma di decommissioning in quanto interesserà meno del 10% del totale delle strutture offshore mentre il restante 90% sarà oggetto degli interventi previsti in accordo con la normativa vigente. Tutti i pozzi di gas non più produttivi, anche nei giacimenti utilizzati per lo stoccaggio di CO2, saranno chiusi minerariamente e definitivamente. La CCS non è alternativa all’attività di decommissioning.
La grande complessità della transizione energetica risiede nella necessità di trasformare velocemente modelli di produzione di energia consolidati da decenni in nuovi modelli più sostenibili, continuando però a fornire tutta l’energia di cui il mondo ha bisogno, e tutelando i livelli occupazionali e di sviluppo territoriale attualmente ai modelli energetici tradizionali. Il concetto stesso di sostenibilità prevede che debbano essere considerati in egual misura gli ambiti ambientale, sociale ed economico, che devono procedere di pari passo, e per queste ragioni i modelli ed i sistemi produttivi tradizionali non possono essere eliminati dall’oggi al domani ma devono necessariamente rientrare nel processo di transizione e trasformazione. Eni ritiene che gli approcci basati sulle classificazioni tra “buoni” e “cattivi”, spesso strumentali, appartengano al mondo degli interessi di parte e non alla ricerca di soluzioni comuni, che devono essere basate sull’utilizzo di tutte le soluzioni immediatamente disponibili, se sicure, efficaci e percorribili come quella prospettata dal progetto Ravenna, e su continui investimenti in ricerca tecnologica e innovazione per aumentare e migliorare gli strumenti a nostra disposizione.