Ospite a Huffpost, Pierroberto Folgiero, Amministratore Delegato del Gruppo Maire Tecnimont e di NextChem, ha condiviso il proprio pensiero sulla transizione energetica e sui fondi del Pnrr per i progetti a idrogeno in Italia.
“Il 2022 sarà un anno decisivo: per non arrivare al 2026 senza aver speso i soldi del Pnrr bisognerà fare massimo affidamento sul settore privato. Con il volume di investimenti in gioco l’Italia ha una grande opportunità di reindustrializzazione, di uscire dall’economia dominata dagli idrocarburi e passare alle energie rinnovabili, alla chimica verde, all’economia circolare. Ma il fattore tempo sarà un elemento fondamentale”.
“Uno dei temi critici è il rapporto tra pubblico e privato che va visto in chiave moderna. Dall’andamento dei primi bandi emerge il ruolo degli enti pubblici come soggetti a cui è affidata in buona parte l’attuazione del piano. Spesso questi enti sono Comuni e spesso gli investimenti vengono frammentati in piccoli progetti, qualche volta seguendo apparentemente più una logica politica che manageriale. Il rischio è che manchi la massa critica per arrivare a progetti capaci di sviluppare un’innovazione competitiva su scala globale”.
Riguardo i progetti “faro” e il Pnrr: “E’ l’altra faccia del Pnrr, quella dei progetti faro. Qui il rapporto tra pubblico e privato apre scenari interessanti, anche se nei primi bandi gli importi assegnati a questa tipologia potevano essere molto maggiori. Con i progetti faro possono entrare in campo soggetti privati di dimensioni importanti e grandi capacità esecutive; il ministero della Transizione ecologica giudica preventivamente la loro affidabilità, la loro capacità di far fare al Paese il salto che viene richiesto. In questo modo il recovery fund può diventare una leva finanziaria capace di mobilitare risorse molto più consistenti di quelle di partenza, già significative: per arrivare a muovere 100 euro basta che i fondi pubblici ne investano 12,5.”
“Abbiamo definito 12 luoghi candidati a ospitare progetti bandiera. Nella maggior parte dei casi i nostri progetti consentono il recupero e la valorizzazione in chiave green di raffinerie e siti industriali. Vogliamo dare un futuro ad aree che sono state compromesse, a vari livelli, da infrastrutture industriali ormai obsolete. L’obiettivo è trasformarle in distretti basati sulla chimica verde. Usando le fonti rinnovabili per lanciare la fase due dell’economia circolare: utilizzare la parte non riciclabile dei rifiuti per creare un’ampia gamma di prodotti, dai polimeri ai chemicals. In questo quadro c’è spazio per l’idrogeno verde, quello da rinnovabili, e per l’idrogeno circolare, ottenuto dalla riconversione dei rifiuti. Dal ciclo dell’idrogeno si può infine ricavare metanolo, utilizzabile in processi industriali come la lavorazione dei mobili ma anche come carburante per la navigazione, un settore che ha un urgente bisogno di miglioramento ambientale: usa ancora carburanti che oltre ad avere alte emissioni climalteranti hanno problemi di zolfo”.
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