Nel 1950 ascoltai la lezione di un professore dell’ultimo anno del corso di Ingegneria Elettrotecnica che diceva: “Produzione e consumo annuali di energia raddoppiano ogni 10 anni”. Non aggiunse, quindi, che il tasso annuale medio di aumento corrispondente sarebbe stato di circa il 7%, né che, ovviamente, avrebbe dovuto diminuire presto (niente al mondo può crescere indefinitamente). Infatti, la produzione annuale dell’energia mondiale stava già rallentando al 5% e raddoppiò, non in 10 anni, ma solo nei 15 anni seguenti, da 1.800 a 3.600 Milioni di Tonnellate di petrolio equivalente (MTOE).
L’ultimo raddoppio è avvenuto da 7.000 a 14.000 MTOE nei 35 anni dal 1984 al 2019 con un tasso annuale del 2 % (Uso i dati fino al 2019: la diminuzione dovuta al Covid del 2020 non è significativa). Attualmente produzione e consumo continuano a crescere. I miei calcoli basati sulle equazioni di Volterra, indicano che la produzione di energia mondiale non raddoppierà più, ma crescerà del 60%, raggiungendo un asintoto di 22.400 MTOE verso il 2080 con un tasso annuale di crescita medio di circa l’1,2 %. Queste previsioni sono empiriche, ma molto plausibili: con le equazioni differenziali che utilizzo, sono stati previsti correttamente gli andamenti (di crescita o declino) di grandi processi demografici, tecnologici e socio-economici.
Per tentare di prevedere la ripartizione futura fra le quattro fonti dell’energia primaria – gas, petrolio, carbone, rinnovabili (cioè nucleare + idroelettrica + eolica + geotermica) di cui ho analizzato separatamente le serie storiche – fino a qualche decennio fa si riteneva che si stesse verificando un’alternanza periodica tra le fonti primarie, con prevalenza del legno (fino al 1883), del carbone (fino al 1965), del petrolio e – in avvenire – del gas. La mia analisi conferma una decrescente importanza relativa di petrolio (26% del totale) e carbone (23%), un forte incremento del contributo del gas naturale (34%) e un modesto incremento delle rinnovabili (17%). Queste ultime incontrano difficoltà nell’eolico e nell’idroelettrico per ragioni paesaggistiche, nel nucleare per timore dei rischi, nel geotermico per la distanza fra possibili fonti e grandi utenze. In generale sono notevoli le resistenze a dismettere centrali di produzione ancora efficienti.
Sembra, quindi, improbabile che vengano raggiunti obiettivi ambiziosi nel limitare o eliminare le emissioni di CO2 considerate – discutibilmente – fattore principale del riscaldamento globale. La decarbonizzazione è promessa per il 2035 dagli Stati Uniti per la produzione di energia, e nello specifico da Toyota e General Motors per i veicoli prodotti nelle loro fabbriche. Una decarbonizzazione totale è programmata per il 2050 dall’Unione Europea e per gli ultimi decenni del secolo dall’United Nations Environment Program. Gli andamenti futuri del settore energetico saranno influenzati da eventuali invenzioni e innovazioni tecnologiche e da ulteriori miglioramenti dei rendimenti.
È purtroppo lento l’avvento della rivoluzione che dovrebbe portare la Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione a ottimizzare non solo gli usi dell’energia, ma – ben a monte – ogni attività umana. Una programmazione basata su raccolta, disseminazione e integrazione in tempo reale di dati, consentirebbe risparmi, oltre che energetici, anche di tempo, di risorse naturali e umane. Per realizzarla in ogni settore della società, dovremmo anche innalzare la percentuale della popolazione che raggiunga l’educazione terziaria e la qualità di tutti i mezzi di comunicazione di massa. Dovrebbero essere ovvii gli spinoff positivi di una simile impresa che arruoli individui ed enti pubblici e privati.
Roberto Vacca, 21 febbraio 2022
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