Per ora l’ Italia non ha ancora una strategia nazionale o ufficiale per la produzione e diffusione dell’ idrogeno. Ad oggi il Governo ha pubblicato unicamente delle linee guida che suggeriscono un obiettivo di 5 GW di capacità – in termini di nuovi elettrolizzatori – e investimenti per 10 miliardi di euro. Ma il come e il quando è ancora tutto da definire. E a quasi un anno dalla pubblicazione del documento guida, si fa sentire l’urgenza di capire quale strada imboccherà il paese per sviluppare la propria economia dell’idrogeno.
In questa discussione il Gruppo CESI (Centro Elettrotecnico Sperimentale Italiano) si inserisce con il nuovo studio “Strategia italiana sull’idrogeno: quale impatto sul sistema elettrico?” Il punto di partenza è lo stesso di quello individuato dalle linee guida: arrivare al 2030 con una quantità di idrogeno verde sufficiente a coprire il 2% della domanda energetica prevista. Per arrivarvi il documento esamina l’impatto del vettore attraversoquattro possibili scenari di implementazione per la produzione, il trasporto e il consumo:
- Scenario off-grid – presuppone che gli elettrolizzatori e gli impianti di fonti rinnovabili siano entrambi installati presso i centri di consumo (come fabbriche, città, ecc.) ma senza essere connessi alla rete elettrica;
- Scenario decentralizzato – presuppone che elettrolizzatori e le FER – Fonti di Energia Rinnovabile si trovino nei pressi dei centri di consumo e che gli impianti rinnovabili siano connessi alla rete elettrica.
- Scenario trasporto di elettricità connesso alla rete – presuppone che gli impianti FER si trovino nelle aree più favorevoli in termini di producibilità e che la loro elettricità sia trasmessa attraverso l’infrastruttura di rete agli elettrolizzatori installati vicino ai siti di domanda di idrogeno
- Scenario trasporto di H2 connesso alla rete – presuppone che elettrolizzatori e impianti FER siano collocati nella stessa area e che l’idrogeno venga fornito ai siti di domanda tramite nuove gasdotti o retrofit di pipeline a gas.
Dall’analisi emerge che la soluzione migliore per produrre idrogeno verde sul fronte economico, sia quella in cui l’energia viene trasportata in forma di elettricità, lungo le dorsali di trasmissione, anziché in forma di idrogeno. “Questo perché la rete elettrica permette di esportare il surplus di energia rinnovabile –afferma Matteo Codazzi, Amministratore Delegato di CESI – nel caso in cui la quantità prodotta dovesse superare il consumo degli elettrolizzatori, o di sopperire, in caso di deficit, con elettricità rinnovabile prodotta in altri siti”.
Per elettrolizzatori a ‘bassa flessibilità’, ovvero utilizzati con un basso coordinamento con gli impianti rinnovabili, gli scenari con il minor costo di produzione dell’H2 sono il ‘decentralizzato’ e il ‘trasporto di elettricità’, per i quali si stima un costo dell’idrogeno di circa 3,8 euro per kg di idrogeno.
Quelli ad ‘alta flessibilità’, invece, “consentono di diminuire drasticamente la spesa sui mercati dell’energia ‘flessibile’ riducendo, così, i costi finali associati all’idrogeno, permettendo di integrare in rete maggiori quantità di energia rinnovabile” .
Dall’analisi di CESI, infatti, emerge che, nel caso di ‘alta flessibilità’, gli scenari più economici sono ancora quelli che prevedono la connessione alla rete elettrica, per i quali le stime indicano un costo complessivo nell’intorno dei 3,3 euro al kg. Anche lo scenario ‘trasporto di idrogeno’, per quanto sempre più costoso di quello basato sulla rete elettrica, presenta un costo inferiore fino al -13% (3,6-3,9 euro al kg).