In occasione del primo Forum della Hydrogen Community di The European House – Ambrosetti tenutosi lo scorso 13 Novembre a Catania, è stato presentato uno studio dal titolo “Opportunità industriali dalla transizione energetica per la Sicilia, per l’Italia e per l’Europa”.
Lo studio, condotto dalla Hydrogen Community e dalla Floating Offshore Wind Community, parte da un concetto chiave: l’Italia vanta un enorme potenziale in termini produzione di energia rinnovabile soprattutto per quanto riguarda l’eolico offshore.
A livello mondo, infatti, il nostro Paese rappresenta il terzo mercato potenziale dell’eolico flottante subito dopo Irlanda e Norvegia. Questa stima, rilasciata dal GWEC – Global Wind Energy Council, tiene conto del potenziale tecnico, del livello dei costi dell’energia solare, dei vincoli territoriali e del contesto politico per le rinnovabili, gli obiettivi dedicati all’eolico offshore e all’utilizzo dell’idrogeno.
Secondo il Politecnico di Torino, invece, in futuro si potrebbe raggiungere una capacità di 207,3 GW (circa 3,4 volte quella installata di FER nel 2022) il che rappresenterebbe il 62% del potenziale italiano complessivo di energia rinnovabile.
Lo sviluppo di questo settore può trarre beneficio da segmenti industriali in cui l’Italia detiene una forte leadership a livello internazionale, con un valore si 255 miliardi di euro:
- Primo posto in UE nella fabbricazione di prodotti in metallo, con un valore di 99,8 miliardi di euro, e di navi, con un valore di 6,6 miliardi di euro;
- Secondo posto in UE nella meccanica avanzata, con 40,7 miliardi di euro, nelle apparecchiature elettriche, 26,3 miliardi, e nei materiali da costruzione, con un valore produttivo di 82,2 miliardi di euro.
La realizzazione di 20 GW di eolico offshore galleggiante potrebbe generare fino a 57 miliardi di euro di valore aggiunto e creare 680 mila FTE entro il 2050.
La Sicilia, insieme alla Sardegna, occupa i vertici più alti nella classifica delle regioni italiane per potenziale di eolico offshore, con una capacità pari a 65 GW, e allo stesso tempo quella con il maggiore divario da colmare in termini di installazioni rinnovabili.
Con questa premessa pare chiaro come la regione possa candidarsi tra le maggiori aree italiane ed europee dedicate alla produzione di idrogeno verde, vettore d’importanza cruciale per la transizione energetica e la decarbonizzazione dei settori altamente energivori.
Tra questi, quello chimico e della raffinazione rappresentano un settore trainante per la nostra economia.
In Sicilia sono responsabili del 36% del totale delle emissioni regionali (~8,4 Mton di CO2e/anno) e del 3% del totale delle emissioni nazionali. Per azzerare queste emissioni saranno necessari tra i 25 e i 30 miliardi di euro di investimenti per l’adeguamento degli impianti produttivi a livello nazionale, di cui 8-10 miliardi in Sicilia.
Lo sviluppo di HUB per la produzione di idrogeno, le cosiddette Hydrogen Valleys, sono sicuramente un passo nella giusta direzione.
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La Sicilia può essere una zona particolarmente vantaggiosa in Europa per la produzione di idrogeno, un vettore funzionale alla decarbonizzazione di settori esistenti e in grado di attrarre nuove industrie.
Per produrre idrogeno rinnovabile, in deroga ai vincoli della normativa europea, sarà però necessario accelerare la crescita della produzione di energia elettrica rinnovabile specie nel Sud dove il potenziale è più elevato in termini di installazione.
Secondo lo studio, per produrre idrogeno verde mediante elettricità prelevata direttamente dalla rete, dovrà essere soddisfatto uno dei seguenti fattori: quota di elettricità nel consumo finale superiore al 90% ed intensità di carbonio dei sistemi energetici minore di 18 gCO2/MJ (target da cui però l’Italia è ancora distante).
Un’altra strategia percorribile in cui la regione può essere vera protagonista è quella dell’importazione di idrogeno. Dati i costi di produzione più contenuti e maggiore disponibilità delle fonti rinnovabili in Nordafrica, Medio Oriente e Sud America.
Grazie al suo posizionamento strategico al centro del mediterraneo, la Sicilia potrà infatti avere un ruolo chiave quale hub di importazione via pipeline e via nave in Sud Europa.
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“Per cogliere queste opportunità di sviluppo industriale, il Paese deve organizzare la filiera, investendo e potenziando gli asset portuali e cantieristici soprattutto nelle regioni del Sud Italia, in cui il vantaggio logistico è evidente – ha spiegato Alessandro Viviani, Senior Consultant di The European House – Ambrosetti – Allo stesso tempo, è necessario dare stimolo alla filiera con una visione di sviluppo di lungo periodo e con il supporto a quei progetti che già nel breve termine dimostrino di poter generare ricadute occupazionali e di sviluppo nei territori interessati. A tal fine, è oltremodo opportuno promuovere un nuovo corso nei rapporti tra Regioni e Governo nei processi di pianificazione e approvazione dei grandi progetti al fine di massimizzare le ricadute positive sui territori interessati”.
“Lo sviluppo della filiera dell’idrogeno in Italia potrebbe portare significativi benefici: consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 del 28% entro il 2050 e di generare un valore cumulato della produzione compreso tra 890 e 1.500 miliardi di euro e tra 320.000 e 540.000 nuovi posti di lavoro. Tuttavia, per abilitare questi vantaggi è necessaria una strategia di governance unitaria che sia in grado di riunire gli operatori industriali e i diversi ministeri coinvolti, per fornire obiettivi di produzione e consumo, regolamentazione di riferimento e sistemi di supporto e di incentivazione” – ha dichiarato Corrado Panzeri, Partner e Head of Innotech Hub The European House – Ambrosetti – “In particolare, per produrre idrogeno rinnovabile è fondamentale che l’Italia acceleri la produzione di energia elettrica rinnovabile e sviluppi una strategia per il Mezzogiorno, dove c’è un potenziale più elevato in termini di installazioni di rinnovabili. Il Sud Italia – con la Sicilia in prima linea – può guidare la transizione energetica del Paese, assumendo un ruolo cruciale nella filiera dell’eolico offshore galleggiante: anche in questo caso, però, per promuovere filiere locali è urgente definire un quadro normativo che dia certezza agli operatori e indirizzi investimenti nel breve termine”.