La centralità del vettore idrogeno nella transizione energetica, la sfida dei costi e l’urgenza di una strategia condivisa a livello europeo, insieme al tema del PNRR e della necessaria continuità degli investimenti: sono stati questi alcuni dei punti cardine dell’intervento del ministro degli Affari europei, Tommaso Foti, all’Italian Hydrogen Summit 2025. Vediamoli insieme.
RED III e costi dell’energia
Quella della RED III è sicuramente una delle questioni cardine, così come il costo dell’energia. Non solo quella italiana ma quella europea che non è competitiva coi costi dell’energia mondiale. Penso che una strategia europea per l’energia sia indispensabile non può limitarsi a singoli provvedimenti come il Clean Industrial Deal ma occorre pensare in grande perché è chiaro che i consumi di energia sono destinati ad aumentare. Aggiungo che nel nostro Paese esiste il rischio di una zonizzazione delle aree a più alto consumo energetico, concentrate oggi soprattutto al Nord nei data center, caratterizzati da fabbisogni elevatissimi. Occorre prestare attenzione a queste dinamiche, perché potrebbero trasformarsi in un boomerang. Un sistema tariffario basato esclusivamente sui consumi rischia infatti di penalizzare proprio quei settori che ospitano le tecnologie più avanzate, imponendo loro il paradosso di costi energetici ancora più elevati.
Ideologia e realismo
Il tema della neutralità tecnologica è essenziale se vogliamo che l’Europa rimanga un continente in grado di competere a livello industriale sui mercati globali. Bisogna però coniugare ideologia e realismo o non si va da nessuna parte. Se noi pensiamo di poter inseguire soltanto dei precetti ideologici rassegniamoci ad andare fuori mercato. Come voi sapete deindustrializzare è facile ma reindustrializzare è molto più difficile. Una volta si diceva bastano 10 anni per la reindustrializzazione, oggi col gap tecnologico a cui va incontro io direi che è quasi impossibile poter fare questa operazione.
PNRR e IPCEI
Il Piano ha puntato sull’idrogeno ma non voglio nascondere la realtà. Nell’attuale revisione abbiamo dovuto ridimensionare alcuni risorse che avevamo messo sul PNRR perché non si raggiungevano gli obiettivi. Dobbiamo essere molto chiari e questo è un programma per performance non è un programma di spesa. I traguardi devono essere conseguiti entro termini precisi, altrimenti si rischia di perdere i fondi e subire penalizzazioni. Nonostante ciò, posso confermare che un miliardo e mezzo destinato all’idrogeno rappresenta oggi una realtà concreta. Sono 164 i progetti finanziati, di cui 105 già in fase di esecuzione. Una parte – 45/46 – risulta invece in una condizione di non allineamento tecnico, dovuta però a problematiche della piattaforma RGS, mentre altri sono ancora nelle prime fasi di attuazione.
Devo essere molto chiaro: non sono previste proroghe. L’ho ribadito fin dall’inizio, non per contrarietà di principio, ma perché il Piano rappresenta il primo esperimento di debito comune, nato in risposta a una circostanza straordinaria, quella della pandemia. L’obiettivo era rilanciare l’economia europea e, oggi, modificare tre regolamenti a livello comunitario e ottenere l’approvazione dei parlamenti nazionali per spostare le scadenze del PNRR sarebbe stato impossibile. Abbiamo preso atto della comunicazione della Commissione europea e ci siamo impegnati a creare strumenti finanziari, molti dei quali rivolti al settore della transizione ambientale ed ecologica, per superare la scadenza del 30 giugno 2026. In ambiti come il biometano, le comunità energetiche e l’agro-fotovoltaico abbiamo cercato di trasformare i vincoli in opportunità, mantenendo quante più risorse possibili nei progetti in cui crediamo.
Se il PNRR, una volta terminata l’erogazione delle risorse e la realizzazione dei progetti, non trova una continuità concreta né a livello nazionale né europeo, allora forse sarebbe stato meglio non avviarlo. Lo dico perché in alcuni settori interrompere la ricerca equivale semplicemente ad aver sprecato denaro. Per quanto riguarda gli IPCEI abbiamo messo in campo 700 milioni di euro a disposizione delle aziende perché partecipassero a questa grande iniziativa di un progetto europeo è una delle prime volte in cui l’Italia si gioca una carta di questo tipo e penso di poter dire che è stata giocata bene.









