In un momento a dir poco sfidante per lo sviluppo della mobilità a idrogeno in Italia, la nostra redazione ha avuto il piacere di interfacciarsi con una realtà che ormai da anni rappresenta una vera e propria eccellenza del settore, riconosciuta sia a livello nazionale che internazionale.
Stiamo parlando dell’Istituto per le Innovazioni Tecnologiche di Bolzano (IIT) dove da circa dieci anni, immersi nella splendida cornice naturale offerta dalle Alpi del Brennero, veicoli dotati di celle a combustibile (camion, autobus e veicoli commerciali) si riforniscono giornalmente di idrogeno rinnovabile, prodotto ed immagazzinato in loco.
Dalla sua fondazione l’IIT è diventato uno dei più importanti HUB nazionali dedicati alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie legate all’idrogeno e al suo impiego nel campo dei trasporti; un traguardo, questo, reso possibile anche grazie al supporto ricevuto da partners consolidati come la Provincia Autonoma di Bolzano, l’Autostrada del Brennero, Alperia e altri player internazionali dell’energia.
La posizione strategica lungo uno dei principali corridoi logistici europei e i fondi stanziati dal Pnrr per la realizzazione di nuove stazioni di rifornimento (230 milioni di euro), sono solo due dei fattori che in futuro renderanno il ruolo dell’Istituto ancor più centrale nello sviluppo della mobilità a idrogeno in Italia.
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Ed è proprio riguardo le prospettive e le strategie future che Hydrogen-news.it ha voluto fare il punto della situazione in compagnia del CEO l’Ing. Claudio Vitalini, che ringraziamo ancora per la disponibilità. A tutti Voi una buona lettura!
Da IIT Bolzano a IIT Hydrogen Bolzano. Ingegner Vitalini, ci può spiegare innanzitutto le ragioni di questo renaming e cosa comporterà in termini di strategie ed obiettivi?
“Il renaming si inquadra nel cambio di assetto societario. Alcuni soci hanno deciso di abbandonare il concetto e il sistema attuale di società consortile e passare a una SRL commerciale classica. Questo rientra anche nella strategia e tra gli obiettivi di andare sul mercato e fare servizi per terzi, non solo in maniera minoritaria e per i soci. Il cambio di nome è un po’ anche questo”.
Questo cambiamento favorirà anche una ulteriore crescita nel mercato internazionale?
“IIT Bolzano – Istituto per le Innovazioni Tecnologiche richiamava la natura di ricerca e dimostrazione che era il focus principale fino all’altro ieri. Adesso andiamo verso un approccio più industriale quindi IIT Hydrogen Bolzano richiamerà maggiormente il nostro DNA e la nostra attività anche all’estero, essendo in inglese. Faremo da tramite tra le realtà estere e quelle Italiane grazie ai contatti con i produttori di Equipment stranieri perché nel tempo, avendo avuto in gestione il centro da circa dieci anni, sappiamo bene cosa vuol dire avere a che fare con la manutenzione, gestione, progettazione. Abbiamo alle spalle una vasta gamma di conoscenze e network, maturati dai progetti europei in cui siamo stati coinvolti (una decina)”.
La vostra rappresenta una delle principali realtà dedicate allo sviluppo della filiera italiana dell’idrogeno. Dopo tanti anni di attività come vi state preparando in ottica futura?
“Abbiamo due attività. Una è quella di progettazione per terzi e gestione dell’impianto attuale. Noi e i nostri soci ci poniamo l’obiettivo di portarlo allo stadio più avanzato possibile sia dal punto di vista tecnologico che dal punto di vista del dimensionamento necessario. Attualmente stiamo lavorando alla progettazione dell’impianto di revamping per decuplicare le capacità e passare da 1 MW elettrico a 8 MW. Questo impianto di produzione verrà messo a servizio alle stazioni di distribuzione del Brennero che intanto nasceranno anche grazie al Pnrr. Dal Brennero fino a Modena ci saranno 6 stazioni che saranno alimentate dal nostro centro di produzione. Anche la nostra stazione di servizio – la prima in Italia – sarà ingrandita e adattata con le ultime tecnologie per servire camion pesanti e tutti gli altri veicoli a idrogeno”.
In ambito tecnologico avete da pochissimo siglato un importante accordo con NanoSUN legato alla sua stazione mobile di rifornimento (Vedi approfondimento).
“E’ un memorandum che ha come obiettivo quello di strutturare con NanoSUN una strategia per l’introduzione di questa tecnologia in Italia, in un mercato che suscita grande interesse ma che ha una sua complessità. Da una parte ci si domanda ad esempio quanto possa essere l’effettiva reddittività di questi impianti nel tempo. Dall’altra c’è questo sistema mobile molto semplice di accumulo e distribuzione di idrogeno: è compatto, non ha un compressore e dispone di una pistola di erogazione. Può essere quindi un entry level abbastanza semplice per chi desidera avviare una piccola flotta di veicoli a idrogeno come autobus, carrelli elevatori, ecc senza grandissimi investimenti”.
Indicativamente quando porterete questa tecnologia in Italia e quali saranno i benefici nel medio-lungo periodo?
“La produzione di serie di questi sistemi inizierà la prossima primavera. In altri paesi sono giù utilizzati in preserie ad esempio in Germania da un gestore di autobus. Parliamo di una soluzione collaudata che può essere noleggiata favorendo così la penetrazione dell’idrogeno nel nostro mercato. Dato che di pipeline per l’idrogeno ancora se ne parla solo a livello di grandi connessioni internazionali, può sicuramente rappresentare un ottimo inizio soprattutto in certe aree che non saranno sin da subito collegate a una delle prossime stazioni di rifornimento fisse. Teniamo presente che questo tipo di soluzioni saranno necessarie anche quando saranno realizzate le stazioni di rifornimento classiche in programma nei prossimi anni”.
Possono esserci ostacoli di tipo normativo?
“Questa è una delle questioni che stiamo trattando anche con NanoSUN ovvero di iniziare al più presto un’analisi dal punto di vista autorizzativo perché questo fa parte del gioco specialmente in Italia (ma non solo). Semplifica moltissimo l’assenza di un compressore, dobbiamo analizzare il condizionamento e le norme legate all’impiego di stazioni mobili. In ogni caso la criticità maggiore da studiare è il punto di erogazione rispetto all’accumulo. Essendo tutto integrato in una unica soluzione bisogna vedere come gestire il tutto con l’autorizzazione dei vigili del fuoco e le autorità con cui abbiamo sempre avuto ottimi rapporti di collaborazione”.
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