Si è svolta con successo la due giorni di convegni di Roma organizzata da ANIMA e Confindustria, intitolata “Modelli di business per l’utilizzo dell’H2 e lo sviluppo della filiera in Italia”.
Nel corso della mattinata del 5 Giugno è intervenuto per primo Mauro Mallone, Direttore Generale Direzione Incentivi Energia Ministero Ambiente e Sicurezza Energetica (MASE), il quale ha orgogliosamente dichiarato che entro il 2026 verranno installati impianti in Italia per un totale di 130 MW di elettrolisi, grazie ai 57 progetti approvati dal governo per le Hydrogen Valleys e finanziabili con il PNRR.
Mallone ha però anche sottolineato il fatto che questi fondi, destinati ai capex, non basteranno a coprire la transizione ecologica da combustibile fossile a idrogeno: ecco perchè il Governo è impegnato a lavorare su un decreto tariffe che dovrebbe aiutare le aziende, ma di cui ancora ci sono parecchi dettagli da sistemare.
La parola è poi passata ad Alberto Zerbinato, Referente Idrogeno Consiglio di Presidenza Federazione ANIMA, che ha spiegato il lavoro dietro a questi modelli di business e ha poi affermato che per le aziende è venuto il momento di smettere di investire sui prototipi e iniziare a lavorare su aree fisse, dal momento che un’indecisione prolungata potrebbe portare all’aumento troppo elevato dei costi.
Giovanni D’Anna e Alessandro Lanzellotto, rappresentati dei settori di ceramica e vetro, hanno proseguito spiegando come l’idrogeno potrebbe essere effettivamente l’unica soluzione possibile per abbattere le emissioni di CO2, dal momento che le elevatissime prestazioni dei forni utilizzati nelle industrie rendono impossibile l’elettrificazione.
Il problema è che al momento il costo dell’H2 è esageratamente più elevato di quello del gas, che è, tra l’altro, in continuo calo.
A sostenere – e spiegare – queste affermazioni è stata Paola Brunetto, Head of Hydrogen Business Unit Enel Green Power, che ha presentato un business model basandosi su uno stabilimento medio di entrambi i settori. Prendendo come riferimento tre possibili elettrolizzatori (2,5, 10 MW), la Brunetto ha dimostrato come anche in caso di LCOH (Levelised Cost of Hydrogen) ottimistici, il prezzo dell’H2 potrebbe oscillare tra gli 8 e gli 11 euro al Kg, decisamente troppo superiori ai costi dei combustibili attuali, nonostante alcune soluzioni possano venire incontro alle esigenze delle industrie, come l’utilizzo di grandi impianti elettrolizzatori in condivisione tra diversi settori.
Dichiarazioni analoghe sono state rilasciate anche durante il pomeriggio durante i modelli di business nel settore feedstock, introdotto da Giuseppe Astarita, Direzione Centrale Tecnico Scientifica Federchimica, e Franco del Manso e Roberto Edoardo Sau, Rapporti Internazionali, Ambientali e Tecnici UNEM, i quali hanno spiegato che, al giorno d’oggi, la maggior parte dell’idrogeno utilizzato nel settore sia grigio, anche a causa delle limitazioni geografiche e orarie imposte dalla morfologia del territorio.
Andrea Pisano e Giulia Maiolo, Iniziative Idrogeno Eni, hanno discusso riguardo al progetto in via di sviluppo relativo all’installazione di un impianto fotovoltaico da 60 MW nella bio-raffineria di Gela per sostituire, almeno in parte, l’idrogeno grigio attualmente in uso con quello verde: la forchetta del costo dell’idrogeno andrebbe dai 10,4 ai 14 euro/Kg, mentre quella del combustibile fossile va dai 7 agli 11 euro/Kg. È impensabile, dunque, di poter sostenere la spesa senza un sostegno anche agli opex da parte del Governo.
Stesso discorso anche per Claudio Allevi, Responsabile Innovazione & Sviluppo Saras e Gianluca Colombo, Area Nuove Tecnologie Saras, per quanto riguarda il progetto dell’azienda di installare un elettrolizzatore da 20 MW nella raffineria di Sarroch, vicino a Cagliari.
Tra i relatori presenti (oltre i già citati anche ANFIA, Federchimica, Assovetro, H2IT, Proxigas, UNEM) vi era Marco Nocivelli, Presidente di Anima Confindustria, il cui intervento è riportato per intero di seguito: “Sappiamo come oggi sia impellente la necessità di ripensare al nostro modo di produrre e di utilizzare le risorse. Ce lo impongono le sfide dettate dall’emergenza climatica, a cui si somma la necessità di ridiscutere i modelli di approvvigionamento energetico anche nell’ottica di muoversi verso una maggiore indipendenza energetica messa in luce dal conflitto russo-ucraino. In questo scenario, l’industria meccanica rappresenta uno dei comparti più significativi per contribuire al fondamentale processo di decarbonizzazione, sia in qualità di produttore di tecnologie, sia come utilizzatore di risorse energetiche. L’Europa – aggiunge Nocivelli – ha espresso chiaramente l’urgenza di operare la transizione sostenibile ponendo gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e al 2050, e in questo processo l’idrogeno può giocare un ruolo fondamentale, soprattutto a livello energetico. L’Italia è un paese all’avanguardia in termini di innovazione tecnologica, e ha la possibilità di rivestire un ruolo primario diventando un hub fondamentale nella creazione di questa nuova filiera. C’è però un aspetto chiave che emerge dai tavoli di lavoro: per fare sì che l’industria possa davvero realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione entro i tempi dettati dall’Unione europea, occorre che la transizione sia anche economicamente sostenibile per l’industria, e questo non può prescindere da un sostegno adeguato alle imprese. La creazione di un nuovo mercato –conclude – come quello dell’idrogeno, non può autosostenersi; per accelerare il processo occorre elaborare e attuare delle politiche industriali ad hoc, con un piano di investimenti strutturato“.